Il piccolo gruppo, rinvenuto nella Villa dei Papiri di Ercolano, raffigura il dio Pan nell’atto di accoppiarsi con una capretta. La figura di Pan, con fattezze umane solo nella parte superiore del corpo, è accuratamente resa sia nei particolari del vello caprino, sia nella superficie liscia e compatta del torso con la muscolatura in evidenza. Ben studiato è il volto, i cui tratti esprimono la natura ibrida del dio. La capretta piega leggermente la testa a sinistra mentre languidamente incrocia lo sguardo di Pan. L'opera ha una struttura quasi riconducibile a un parallelepipedo. Il soggetto è perfettamente intonato alla decorazione di un giardino, che nelle ville romane riproduce una natura carica delle connotazioni idillico-pastorali che le avevano attribuito la letteratura e l’arte ellenistiche; ma, nonostante l'intonazione leggera, la scabrosità del soggetto agli occhi della società borbonica ne fece l'opera forse più censurata fra gli oggetti della collezione: solo il re poté vederla prima che venisse rinchiusa in un armadio e celata anche agli occhi del Winckelmann.
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